Categorie
traduzione

Gli Hunger Games della revisione

Ho da poco consegnato un libro che ho amato fin dal primo momento. E l’ho amato per tante ragioni. Una su tutte: mi consentiva – anzi, mi chiedeva – di divertirmi con la lingua. E io potevo mai rifiutarmi?

Ho buttato giù un elenco – non esaustivo – di alcune delle parole e delle espressioni che non avrei mai pensato di poter usare in una traduzione. E invece.

Alcune, ne sono consapevole, verranno cassate in fase di revisione – e io stessa, in certi casi, ho proposto delle alternative un po’ più soft. Ma altre, presumo, approderanno sulla carta, alla fine degli Hunger games.

MAPPAZZONE: In un libro fatto per il 60% di cibo, potevo mai esimermi dall’omaggiare chef Barbieri? Spoiler: no.

ARANCINA COI PIEDI: Sull’annosa questione arancina vs. arancino, ho già detto la mia. Purtroppo questa espressione meravigliosa si usa solo dalle mie parti, quindi l’ho scritta esclusivamente per togliermi lo sfizio, ma con ogni probabilità diventerà pagnotta.

NUTRICARE: Se rimanesse, scommetto che molti penserebbero: toh, un refuso. Invece a me serviva un verbo che significasse nutrire ma anche allevare, accudire. Ora, non mi sono dovuta inventare niente perché quel verbo esiste ed è proprio nutricare, quindi ci ho provato. E sono pronta a difenderlo con le unghie e con i denti, se necessario – no, non è vero. se dovessero cassarmelo e propormi una soluzione convincente, non difenderei un bel niente, perché il modo migliore per massacrare i libri e fare uscire le ciofeche è fare a gara a chi ce l’ha più grosso, l’ego ovviamente.

ASCOLTA UN CRETINO: Siccome in questo libro si parla, oltre che di cibo, di tv e cinema e attorucoli e meteore, ma anche di impresari non sempre limpidi, potevo non omaggiare Micio, pur sapendo che mai e poi mai i giovani coglieranno il riferimento?

L’HO INVENTATO IO: Io, che soffro della sindrome di Pippo Baudo – però basso profilo, non dico mai che l’ho inventato semmai che l’ho scoperto io – potevo non omaggiarlo, tanto più l’originale dice letteralmente è una mia creatura e che a dirlo è un agente, riferendosi a un attore in ascesa che ha lanciato lui?

IL GATTO E LA VOLPE: Onestamente, se si parla di due impresari senza scrupoli, come si fa a trattenersi? Cioè, io mentre leggevo quel passaggio, mi canticchiavo in testa Bennato.

MAGRE MAGRE IN MODO ASSURDO: Il riferimento a Zoolander in originale mi è sembrato palese, e io non potevo perdermelo per strada. Mi sarei mangiata le mani per il resto dei miei giorni.

LIVELLA UN PAIO DI PALLE: Nell’originale si parla di death privilege, del fatto che nemmeno davanti alla morte siamo tutti uguali. E se ne parla in un numero di stand-up comedy. A me è venuta subito in mente la livella di Totò, e anche se escludo che Totò sia un riferimento culturale valido per gli americani, ci ho provato. Probabilmente non passerà. Anche perché comunque è un’aggiunta, una precisazione, una chiosa – di cui, oggettivamente, si può fare a meno.

IL CULO CHE NON FACEVA PROVINCIA MA PIANETA: Questo è uno di quei casi in cui mi sono permessa di calcare la mano, di caricare un po’. Perché di fronte a un culo grosso come un pianeta, onestamente, la tentazione di aggiungere altro colore è stata forte. Poi ehi, andrebbe benone anche l’alternativa più scialla, quella del culo grosso come un pianeta. Ma chi non risica non rosica.

SMARGINARSI: L’originale (lose the edges) non usa esattamente l’espressione di Elena Ferrante (tradotta in inglese con dissolving of margins), ma l’esperienza che descrive è proprio quella. Anche in questo caso, il riferimento è un po’ estremo, forse, infatti io stessa ho suggerito l’alternativa scontornarsi.

Che gli Hunger Games (della revisione) abbiano inizio.


DISCLAIMER: I miei post non hanno la presunzione di rivelare la verità assoluta. Sono solo riflessioni di una traduttrice tra tante. Dicono qualcosa del mio approccio a questo lavoro, che non è l’unico e – soprattutto – non è necessariamente quello migliore. Ma tant’è.