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Il mio primo libro – NdT

He was giving knight errant, organ-meat eater, Byronic hero, Haplogroup R1b. She was giving damsel in distress, pill-popper pixie dream girl, Haplogroup K. He was in his fall of Rome era. She was serving sixth and final mass extinction event realness. His face was a marble statue. Her face was an anime waifu. They scrolled into each other. If they could have, they would have blushed, pink pixels on a screen. Monkey covering eyes emoji. Anime nosebleed GIF. Henlo frend. hiiii. It was a meet-cute. They met. It was cute. Kawaii. UwU. The waifu went, pick me, and the statue did, like a tulip emoji. If their two lips had met he would have tasted seed oils, aspartame lip gloss, and apple red dye 40 on her tongue. She would have tasted creatine, raw milk, and slurs on his.

Questo è il primo paragrafo del primo racconto del Mio primo libro di Honor Levy. E quando l’ho letto, ho pensato: Speriamo non sia tutto così, oppure finisco alla neuro. Spoiler: non è tutto così, a tratti è anche peggio. Quando ho finito di leggere il racconto, ho pensato: Seeee lallero, questo libro è intraducibile. Spoiler: non è stata una passeggiata di salute, ma è una delle traduzioni di cui sono più soddisfatta, una delle mie traduzioni più riuscite.

Se tradurre è dire (quasi) la stessa cosa e soprattutto dirla (quasi) nello stesso modo, quello che conta davvero è capire che effetto fa un certo libro su chi lo legge in lingua originale e tentare, nei limiti del possibile, di fare in modo che faccia (quasi) lo stesso effetto anche su chi lo legge in traduzione. Per questo, per non peccare di presunzione affidandomi solo ed esclusivamente alle mie sensazioni soggettive, nella fase che segue la lettura e precede la traduzione, ho l’abitudine di spulciare le recensioni online, soprattutto quelle scritte dai lettori. Bene, di solito le recensioni mi confortano. Nel caso di Honor Levy, no, non mi hanno confortata per niente, anzi, hanno aggiunto panico al panico. Perché, in soldoni, le recensioni dicevano più o meno: questo libro è scritto in ostrogoto. E se da una parte, la cosa mi ha dato un certo sollievo, della serie: non sono io che dall’oggi al domani ho disimparato l’inglese, dall’altra, ho cominciato a pregare.

Dopo essermi abbandonata alle preghiere, per fortuna, la mia natura cartesiana ha ripreso il sopravvento, e piano piano, ho cominciato a trovare la quadra. Ho capito che il problema non era tanto il lessico, anche perché ormai sono abbastanza abituata a tradurre libri pieni di parole che non compaiono sulla Bibbia, e forse non erano nemmeno i millemila riferimenti culturali – grazie di esistere, Reddit – , perché anche su quel fronte, sono svezzata. Il problema era che quel libro è un concentrato di zeitgeist. È la fotografia, l’istantanea di una generazione (la Gen Z) e di un certo periodo storico (diciamo, grossomodo, il biennio 2018-2020). Ed è un libro profondamente radicato in un particolare luogo (gli Stati Uniti) e in un particolare contesto (il web).

Purtroppo però, non finiva lì, perché a complicare le cose c’era dell’altro: il fatto che la scrittura di Honor Levy è tutta lingua, tutto stile, è forma che diventa sostanza. Ed è un’altalena, anzi un ottovolante: un mix di registri (non solo linguistici ma anche emotivi) e di citazioni audace e vertiginoso – si passa da Shakespeare a David Foster Wallace a 4chan o dal lucido cinismo alla tenera nostalgia senza soluzione di continuità, per intenderci. E io, ovviamente, dovevo preservare a tutti i costi quella roba lì. E, per preservarla, sono stata costretta a fare scelte altrettanto audaci e vertiginose, ma sempre col bilancino a portata di mano – perché basta un attimo di disattenzione, un istante di megalomania per sconfinare e mandare tutto all’aria.

Alcuni dei racconti che compongono questa raccolta raggiungono vette altissime e tutti, nessuno escluso, contengono almeno un lampo di perfezione. Honor Levy è un genio – è acuta, irriverente, a tratti spietata, a tratti così tenera che si taglia con un grissino – e Il mio primo libro, l’Acqua dal sole della Gen Z, è destinato a diventare un cult.

Honor Levy

Il mio primo libro

Mercurio

224 pp.


DISCLAIMER: I miei post non hanno la presunzione di rivelare la verità assoluta. Sono solo riflessioni di una traduttrice tra tante. Dicono qualcosa del mio approccio a questo lavoro, che non è l’unico e – soprattutto – non è necessariamente quello migliore. Ma tant’è.